Groenlandia Siren Tower 2021

Groenlandia – la natura ad armi pari

“Glielo ripeto un’ultima volta: non possiamo farvi salire a bordo di questo aereo.”
“Signor Della Bordella, la smetta di lamentarsi e non insista, anzi, adesso si sposti da qui altrimenti sarò costretta a chiamare la polizia”.

Avrei preferito ricevere una martellata su un dito, oppure un bivacco appeso all’imbrago col vento gelido in faccia, piuttosto che sentirmi dire quelle frasi.
Chi vede noi alpinisti come dei supereroi, che vivono in un mondo fatto di sole montagne e che sono in grado di aggirare regole, ostacoli e barriere imposte dal quotidiano, resterà deluso nel leggere che la nostra avventura alpinistica ed esplorativa inizia in un normalissimo aeroporto a Reykjavik, dove per via di un cambiamento dell’ultimo minuto delle normative di viaggio, ci viene negato l’ingresso sull’aereo per la Groenlandia.

Assistiamo impotenti al decollo, l’aereo sparisce tra la nebbia in un cielo plumbeo, proprio come il nostro umore. Il prossimo volo per la Groenlandia è esattamente la settimana successiva ed è già pieno. Tutti i voli per la Groenlandia sono pieni fino a settembre, ci dicono.
Smaltita pian piano la collera, resta dentro di noi tanta amarezza e la soluzione a questo problema ancora non riusciamo a trovarla.
Una settimana dopo la nostra partenza, quando pazienza e nervi sono già parecchio aldilà del nostro limite di sopportazione, controlliamo per la 1000esima volta il sito internet della compagnia aerea e, come per magia, ci appaiono 3 posti liberi sul volo del 22 luglio per la Groenlandia.

Prenotiamo i nuovi voli, senza pensarci troppo su, e stavolta, giunti al check-in, non abbiamo altre sorprese e riusciamo ad imbarcarci. Esattamente 11 giorni dopo aver lasciato l’Italia, la vera avventura, quella che cercavamo e sognavamo, sta finalmente per cominciare.

Come in mosaico di tonalità accese, le case del paese di Tasiilaq iniziano a spuntare una dopo l’altro dietro la collina a formare un quadro variopinto di piccole caselle colorate. Robert Peroni ci accoglie alla sua Red House con vivo entusiasmo, il suo volto porta i segni del periodo difficile che il Paese sta attraversando a causa della pandemia, ma il suo spirito è curioso e vitale come non mai. Quarant’anni ci separano sulla carta d’identità e, se non fosse per quello, avrei l’impressione che partirebbe insieme a noi per la spedizione l’indomani.
Al porto di Tassilaq impieghiamo mezza giornata a preparare il materiale e caricarlo sui nostri kayak: circa 70 kg a testa tra viveri, materiale da arrampicata e da campeggio, vestiti… Se per ogni buon alpinista preparare il proprio zaino prima di una salita è un’arte, caricare i nostri kayak con tutto l’occorrente per 25 giorni di spedizione ne è la massima espressione; richiede davvero una buona dose di pazienza e di ingegno.
Quando finalmente saliamo sul nostro mezzo ed iniziamo a pagaiare nell’oceano, proviamo un forte senso di libertà. La libertà di non dipendere più da forze o da agenti esterni e di essere padroni del nostro destino. La libertà di movimento, nell’infinito oceano artico, e la libertà di fare ciò che ci piace e che sognavamo da tanto tempo, in viaggio verso il Mythics Cirque.
Credo che il kayak e l’alpinismo abbiano tanti aspetti in comune. È vero che in mare non c’è il legame fisico dato dalla corda, ma la progressione avviene come in cordata. Cioè, in modo analogo all’alpinismo, anche in kayak ciascuno deve procedere contando solo sulle proprie forze – che in questo caso fanno muovere una pagaia ed avanzare in orizzontale – ma è impensabile fare tutto da soli: anche qui la vera forza è data dalla squadra. Se in montagna cadi, il compagno ti tiene. Se in mare cadi in acqua i compagni sono indispensabili per farti tornare sul tuo kayak e riprendere a pagaiare. Forse perché l’oceano è un elemento fuori dalla mia zona di comfort, qui mi sembra ancora più importante essere un team affiatato che agisce in sincronia.

La combinazione virtuosa di tre fattori: buon allenamento, kayak eccezionali e condizioni del mare perfette, ci rende la vita relativamente semplice. Ogni giorno pagaiamo per circa 7 ore, coprendo una distanza intorno ai 40 chilometri, e poi cerchiamo un luogo dove accamparci per la notte. I giorni si susseguono veloci uno dopo l’altro, muovendoci tra giganteschi iceberg e piccole foche incuriosite dal nostro passaggio. Finalmente, dopo quattro giornate, percorriamo tutti i 160 chilometri in mare che separano il paese di Tasiilaq dalle pareti del Mythics Cirque ed approdiamo sul litorale roccioso antistante questo impressionante anfiteatro di roccia verticale.

Quante probabilità ci siano di incontrare altri essere umani in uno dei luoghi più remoti e sperduti del nostro pianeta non lo so, sta di fatto che ad attenderci troviamo gli amici belgi Sean Villanueva, Nico Favresse, Jean Louis Wertz insieme allo svedese Alexsej Jaruta. Il quartetto ha raggiunto queste montagne in barca a vela, quattro giorni fa, e neanche se ci fossimo dati appuntamento saremmo riusciti a trovarci con un tale tempismo! Ci accolgono completamente nudi, sdraiati sulla scogliera, suonando i loro strumenti musicali per festeggiare il nostro arrivo. Avremmo preferito incontrare delle sirene, piuttosto che degli aitanti ragazzi nudi… Ma, a parte gli scherzi, è stato davvero piacevole ritrovare proprio qui, alla fine del mondo, degli amici, delle persone che, oltre ad essere fortissimi alpinisti, vivono la montagna in maniera così giocosa e spensierata.

Tra le pareti che ci si presentano di fronte non abbiamo dubbi: la Nord della Siren tower è la più attraente, la più estetica, la più slanciata e compatta. È questa la parete che fa scattare la scintilla magica nelle nostre teste e che vogliamo provare a salire.
Quando la guardiamo dal basso le nostre menti già disegnano una linea immaginaria nel suo centro, che sale dritta verso il cielo come una freccia… Chissà se saremo in grado, arrampicando, di esprimere ciò che proviamo e sentiamo dentro di noi.
La salita della via ci impegna per sei giorni e, pur senza addentrarmi in eccessivi tecnicismi, posso dire che sia stata piuttosto vicina al nostro limite fisico e psicologico. Dopo i primi due giorni passati a scalare e recuperare i pesanti sacconi sulla parte iniziale della via, ci mettiamo alle spalle i primi 300 metri di parete. Tutto procede regolare, ma ci vuole poco a capire che questo non è altro che il riscaldamento! La mattina del terzo giorno Silvan lamenta un forte male al braccio - senza dubbio dovuto al kayak - che già lo tormentava da diversi giorni e che ora gli compromette la scalata.
La situazione si complica ulteriormente quella stessa sera: in un’intera giornata non riusciamo a salire che 60 metri verso l’alto, dei quali gli ultimi 20 mi hanno impegnato in uno sforzo lungo quasi 4 ore. A dare il colpo di grazia ad un morale già sottoterra, due delle nostre tre portaledge (le piattaforme che ci permettono di dormire anche appesi ad una parete perfettamente verticale) si rompono e sono inutilizzabili. La prospettiva è quella di un tremendo bivacco appesi agli imbraghi e la situazione si fa sempre più tesa, fino a quando, dopo un’ora passata a cercare improbabili soluzioni, la salvezza arriva dal cielo!
I belgi, che essendo partiti alcuni giorni prima hanno già raggiungo la cima della Siren Tower, aprendo una via più a destra della nostra, stanno scendendo in corda doppia non troppo lontani da noi. Urliamo loro se ci possono aiutare, lasciandoci una delle loro portaledge. Così questi deviano di una cinquantina di metri la loro linea di calata, noi ci avviciniamo a loro con una traversata…e il gioco è fatto! Ora abbiamo una nuova portaledge dove poter riposare e recuperare le energie.

L’indomani sappiamo di avere davanti il tratto chiave della parete. Per Silvan sarà un altro giorno di riposo per via del braccio malconcio. Io e Symon risaliamo le corde, non abbiamo bisogno di tante parole: ci guardiamo negli occhi e capisco che tocca a me prendere in mano la situazione. Spesso, i momenti di maggiore difficoltà, sono anche quelli che ti danno le emozioni più forti. Quando ti carichi di una responsabilità e parti, dando tutto te stesso e cercando di mettere a frutto mesi ed anni di allenamenti e di esperienze, per raggiungere il successo. In quei momenti puoi tirare fuori delle risorse nascoste che non sapevi nemmeno di avere. Il resoconto della giornata di scalata, dei metri in verticale conquistati a poco a poco, con astuzie, fatiche, felicità e spaventi risulterebbe oltremodo tecnico, ma il ricordo che conservo è ancora talmente vivo che potrei in qualsiasi momento descrivere per filo e per segno quella giornata.
Superiamo i 200 metri più impegnativi della parete e capiamo che la strada verso la cima ora è spianata. Symon e poi Silvan si alternano al comando della cordata per più di 300 metri fino alla vetta della Siren Tower, che raggiungiamo nel pomeriggio del quinto giorno in parete. Di fronte a noi si apre un panorama incredibile, la vista a 360 gradi appaga i nostri animi e lascia spazio all’immaginazione. A stupirci di più questa volta non sono gli iceberg o la vastità dell’oceano dal quale siamo arrivati, bensì la visuale privilegiata sull’immensa calotta glaciale della Groenlandia e su tutte le vette che stanno tra noi e lei. La sensazione è quella di essere delle piccole formichine invisibili, perse nell’immensa bellezza di questo luogo.
Provo un senso di pace ed armonia che mi fa sentire in sintonia con questa terra. Per un attimo, il mio animo irrequieto e mai sazio, trova finalmente appagamento sulla cima di questa montagna: vivo nel presente. Tutto il nostro viaggio mi sembra così spontaneo, naturale e semplice. Penso che solo la libertà da eccessi tecnologici ci potrà ancora permettere di vivere avventure più autentiche, più a misura d’uomo, di vivere la natura con rispetto, ad armi pari.

DATI TECNICI
Spedizione “by fair means”, in completa autonomia, componenti: Matteo Della Bordella (Italia), Silvan Schupbach (Svizzera), Symon Welfringer (Francia).
Circa 350 km di kayak totali, tra avvicinamento e ritorno al paese di Tasiilaq.
Salita della parete Nord della Siren Tower, nel gruppo del Mythics Cirque per la nuova via “Forum”, 840 metri di scalata, con difficoltà massima di 7c. La via è completamente trad e clean. Due spit utilizzati per le soste. Discesa in corda doppia su soste attrezzate a nuts.